30 giugno 2018

La Resistenza in Brianza
Cacciati dalle ex roccaforti tosco-emiliane i democratici resistenti alle armate pentaleghiste hanno trovato rifugio, in questa tornata amministrativa, nella velenosa Brianza (cit.Battisti). Dopo la riconferma, un paio di settimane fa, di Mariarosa Redaelli a Macherio, i ballottaggi di domenica scorsa ci hanno visti vincenti a Brugherio, Nova Milanese e, soprattutto, a Seregno. Pur con l’amarezza delle perdite di Carate e Seveso (e Cogliate prima) il risultato complessivo è da ritenersi buono e ci consente di mantenere la maggioranza in Provincia. Il prossimo anno ci sarà un test impegnativo, con una trentina di comuni al voto. Possiamo affrontarlo con un po’ più di ottimismo.

Note dell’Italia giallo-verde
La furbizia dei populisti sta nel gettare in pasto ad un’opinione pubblica invidiosa e superficiale argomenti di facile presa che nascondano altre azioni con diverso effetto. Le prime mosse dei nuovi governanti lo confermano. Il vicepresidente Di Maio ha “puntato” le cosiddette pensioni d’oro, sulle quali peraltro era già intervenuto con efficacia il governo di centrosinistra, congelandone ad esempio gli adeguamenti. Ora vuole dare loro un taglio. Al di là dei rischi di costituzionalità (che comunque non sottovaluterei per non creare pericolosi precedenti) e della limitata resa in termini di risparmio, quel che stride è che se contemporaneamente dovesse essere introdotta la flat tax alla fine il beneficio fiscale compenserebbe di gran lunga la diminuzione teorica dell’assegno. Non è detto che si tratti di sola eterogenesi dei fini.

E dalla Lombardia nero-verde
La commissione agricoltura del Consiglio regionale si è resa conto che la riduzione del bilancio europeo per i prossimi anni porterà ad un taglio dei fondi per la politica agricola comune (Pac). Per la Lombardia, che ricordo essere la prima regione italiana nel settore, si tratterebbe di un ammanco di 50-60 milioni di euro annui. La reazione contro le scelte di Bruxelles è stata pronta e scontata, ma meriterebbe più di una riflessione. Valutare l’opportunità della costruzione europea solo in termini di rapporto tra quanto si dà e quanto si riceve è la premessa per la sua demolizione. Così come il continuare a devolvere gran parte delle risorse comuni all’agricoltura piuttosto che alle politiche sociali non aiuta a farne comprendere la missione principale. E neppure fa bene agli agricoltori, che non possono pensare di basare il proprio fatturato sui sussidi.

7 luglio
È convocata per sabato 7 luglio l’Assemblea nazionale del PD. All’ordine del giorno ci sono le dimissioni del segretario e gli adempimenti conseguenti. L’esito delle amministrative pare abbia fatto tramontare l’idea di proseguire con la reggenza di Martina fin dopo le prossime europee. Si va quindi verso il congresso, in autunno o nei primi mesi del 2019. La questione è come ci si arriva, in che modo e di cosa discutere. La vecchia diatriba segretario-premier mi pare anch’essa ormai superata dai fatti: per un po’, chiunque sia l’eletto si dovrà occupare del partito: le aspirazioni di governo sono giocoforza rinviate (salvo improbabili sorprese). L’importante è che il confronto non si esaurisca nella scelta di un leader nei gazebo. Abbiamo bisogno di guida, ma ancor prima di idee.

Sei di sinistra se ...
C’è chi evoca il fronte repubblicano antipopulista (Calenda), chi l’unità dei progressisti alle prossime Europee (Martina), chi sostiene che si perde anche senza (?!) Renzi (Marcucci), chi si prepara alla prossima resa dei conti congressuale (tutti).
Prima ancora di occuparci di alleanze, tatticismi, equilibri interni abbiamo però un disperato e tuttora irrisolto bisogno di senso. Se la sinistra smarrisce la capacità di offrire alle persone un orizzonte cui tendere ed un’idea di miglioramento perde la propria ragione d’essere. Abbiamo di fronte un po’ di mesi senza angosce elettorali: il modo migliore per impiegarli sarebbe proprio quello di ricostruire un senso collettivo.
Segretari, formule, organismi vari potranno poi seguire.