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P.s.: la stesura è antecedente ai fatti del fine settimana

Sì e No
I lettori di questa newsletter ormai l'avevano capito; il Corriere della Sera di lunedì scorso lo ha reso pubblico (senza peraltro avermi interpellato): più che dire come voterò il 4 dicembre mi sarebbe importato motivarlo, e magari discuterne francamente. Mi rendo purtroppo conto che è però sempre più difficile stare sul merito. Il confronto sta assumendo toni e contenuti che non condivido e quindi di qui alla fine della campagna cercherò di astenermi da altri commenti, oltre alle poche righe seguenti. Continuo a pensare che le modifiche costituzionali proposte indeboliscano il nostro già gracile assetto istituzionale, non in senso antidemocratico, ma centralista ed oligarchico. L'impalcatura che si propone di smantellare perchè obsoleta ha consentito sin qui di reggere gli urti del forzaleghismo e potrebbe resistere anche ai graffi del grillismo. Basterebbe sottoporla ad una attenta e puntuale manutenzione. Soprattutto, sarebbe stata buona cosa avere la possibilità di discuterne anche nella fase elaborativa. Ne è mancata la volontà. Per questo alle lusinghe futuriste del cambiamento a prescindere rispondo con la pacata fermezza dello scrivano di Melville: avrei preferenza di NO.(*)

Smemorati e pentiti
Il 7 ottobre del 2001 10.433.574 elettori, pari al 64,20% dei votanti, dissero Sì al referendum confermativo della riforma del Titolo V della Costituzione. In tanti se lo sono dimenticato, ed oggi sostengono che "da trent'anni non si riesce a cambiare niente". Altri invece se ne sono pentiti, e pensano sia giusto “cambiare verso”: non più autonomia dal centro ai territori ma ritorno alla supremazia dello Stato. Io invece credo che quella riforma fu positiva, sebbene viziata da un difetto d'origine che peraltro macchia anche l'attuale controriforma: l'essere stata approvata in parlamento solo da una parte. Di conseguenza, al successivo cambio di maggioranza si è ritrovata immediatamente orfana. Da qui sono scaturiti gli innegabili problemi conseguenti, frutto però della mancanza di quei provvedimenti attuativi essenziali al successo. Il vuoto della politica ha lasciato alla giurisprudenza della Corte e dei TAR il dirimere questioni che avrebbero potuto (e dovuto) avere soluzione regolamentare. Ed ha spalancato la strada a chi non ha mai digerito una equilibrata distribuzione dei poteri.

La settimana in Regione
La "settimana dei defunti" è stata caratterizzata soprattutto dall'approvazione da parte della Giunta regionale del bilancio di previsione per l'anno 2017. Il voto in Consiglio è previsto per la settimana prima di Natale: di qui ad allora analizzerò più in dettaglio i singoli settori. È già intanto partita l'offensiva di Maroni contro la legge di bilancio nazionale, lamentando i tagli di risorse e l'obbligo di maggiori risparmi per il concorso al risanamento della finanza pubblica. Anche su questo aspetto mi riservo però di controllare a fondo la veridicità dei numeri lamentati (2,7 miliardi, sanità a parte).
Intanto le commissioni attività produttive ed agricoltura hanno licenziato due progetti di legge che approderanno in aula il 15 novembre, riguardanti rispettivamente la ricerca e l'innovazione e la riorganizzazione del sistema dei parchi.

Le cifre del bilancio regionale
In estrema sintesi: le entrate sono stimate in 23.157,9 milioni, di cui 18.309,9 destinati al finanziamento del Servizio sanitario regionale, 2.646,6 di risorse vincolate e 2.201,4 di risorse autonome liberamente destinabili. A queste si aggiungono 2.002 mln quale previsione di ricorso al mercato a copertura del disavanzo (da anni precedenti e da esercizio in corso), 820,1 di fondo pluriennale vincolato e 27 di utilizzo di avanzo. Le spese correnti sono di 21.954,9 mln, quelle in conto capitale 1.626,6; le spese per incremento attività finanziarie sono 417,5 mln, gli investimenti di anni precedenti 1.950 ed il rimborso prestiti 58. Tra le entrate si segnala la significativa contrazione di quelle tributarie (-56 milioni), riconducibile sostanzialmente alla diminuzione delle entrate dal recupero dell'evasione fiscale.

Treni e politica
Nelle stazioni ferroviarie del gruppo Ferrovie Nord Milano da qualche giorno è proiettato un messaggio pubblicitario, a cura della stessa società, dal seguente tenore: "Lo Stato taglia le risorse per il trasporto pubblico locale, il gruppo FNM non diminuisce i servizi anzi aumenta l'offerta. Dal 2013 al 2015 il gruppo FNM ha avuto -4,15% di risorse per il trasporto ferroviario e su gomma, ma ha garantito +3,55% di km da treni e bus". Più che lo spot di un'azienda per promuovere la propria offerta si tratta di un'evidente iniziativa politica fatta con soldi pubblici. Del resto a presiedere il gruppo che dovrebbe garantire l'efficienza e la puntualità dei treni lombardi Maroni non ha messo un manager esperto ma un ex parlamentare e poi assessore della Lega, Andrea Gibelli. Il PD ha chiesto conto di questo comportamento improprio: se ne discuterà martedì in Consiglio.

Appuntamenti
Domenica 6 al mattino partecipo alle celebrazioni del 4 novembre a Vimercate; giovedì 10 alle 18 sono a Radiolombardia.

(*) Herman Melville, Bartleby lo scrivano, Einaudi.

Enrico Brambilla