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Che tempo che fa
È stato un week end di verdetti quasi definitivi: scudetto alla Juve, romane in Champions, milanesi nell’Europa minore. Il tutto salvo clamorose sorprese. Ieri sera è però arrivata anche la conferma più attesa: niente accordo PD-5 Stelle. Ora, se è vero che alla fine contano solo i risultati, è però importante anche il modo con cui maturano. I bianconeri sono oggettivamente i più forti: avrebbero avuto maggior merito senza gli aiuti di Orsato. Ugualmente, l’esito della trattativa per il governo era prevedibile, ma la partita la si sarebbe dovuta giocare giovedì in Direzione, non anticiparla in un salotto televisivo con un arbitro (Fazio) non all’altezza ed un giocatore che neppure avrebbe dovuto essere in campo, visto che aveva scelto lui stesso la panchina.

La consultazione
Ho visto Gigi Di Maio una sola volta. Era domenica mattina, nel giugno 2016. Ha attraversato la mia città alla guida di un manipolo di pentastellati al grido di “Onestà, onestà” ed ha tenuto il suo comizio pieno di invettive nella piazza storica della sinistra locale: piazza Castellana. La domenica successiva il suo Movimento avrebbe vinto il ballottaggio, raccogliendo anche i voti di tutto il centrodestra. I brividi di quella mattina mi rimarranno per sempre: la saccenteria ed il disprezzo verso chi aveva sino ad allora amministrato la città (quindi anche verso il sottoscritto) mi hanno dato la convinzione di essere di fronte ad un gruppo di esaltati aventi come unico obiettivo il potere. L’ultima cosa che auspico è Di Maio alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tuttavia ritengo sbagliati i fuochi di sbarramento verso Maurizio Martina per essersi reso disponibile al confronto con la delegazione del M5S, come peraltro richiesto dal Presidente della Repubblica. Non ho tifato per l’esito dell’iniziativa, ma avrei voluto che potesse essere condotta con piena legittimazione e facendo chiaramente emergere i punti di dissenso. I risentimenti personali appartengono ad una categoria diversa dalla politica, e non possono essere motivo dirimente. Il governo coi 5 Stelle per me è reso impossibile non dagli insulti ricevuti ma dalla diversa visione del futuro.

In che Direzione
È appunto a rendere più convincente questa visione che dovremmo lavorare, anziché dividerci tra chi vuol trattare e chi no. A meno che si ritenga che il nostro risultato elettorale sia dipeso non da un’offerta politica insufficiente ma dalla dabbenaggine degli elettori, sedotti da proposte irrealizzabili. Da qui la scelta di stare fermi sulla riva del fiume, a veder scorrere le inevitabili macerie. Non sono convinto di questo: la sconfitta ci deve indurre al cambiamento, non all’immobilismo. Ad abbandonare alcune ambiguità che hanno finito per caratterizzarci come partito delle élites anziché dei più deboli. Dalla Direzione nazionale del 3 maggio dovrebbe avviarsi una discussione di questa natura, la sola che possa aiutarci a ripartire.

Molise e Friuli
Ormai ci stiamo facendo il callo, e le regioni perse non fanno più notizia. Però dovrebbe preoccuparci il vincitore: in entrambi i casi il centrodestra. Che non ha smottamenti, a differenza dei cinquestelle, nel passaggio dal voto nazionale a quello locale. Questa considerazione ci dovrebbe ricordare chi sia il nostro vero avversario politico, col quale a breve competeremo anche in molti comuni vicini nelle elezioni amministrative di giugno. È un ulteriore motivo per non auspicare la saldatura tra Salvini e Di Maio, o almeno non favorirla. Mentre rifuggo dagli eletti grillini, ho invece interesse per i loro elettori. Che soprattutto nei ballottaggi dovranno scegliere con chi stare. Anche per questo servirebbe meno tracotanza.

Un buon Primo Maggio a tutti voi.

Enrico Brambilla

1maggio