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Per due euro
La prossima domenica, 3 marzo, si tengono le primarie del PD per scegliere il segretario nazionale. E’ la quinta volta che ciò accade: in precedenza furono eletti Veltroni (2007), Bersani (2009) e Renzi (2013 e 2017). Penso sia da rivedere il modo con cui si svolge il congresso del partito, ridotto ad una conta interna più che ad un confronto sulle tesi, e che la scelta del proprio capo la debbano fare gli iscritti. Tuttavia non può sfuggire il fatto che queste primarie arrivino in un momento di particolare delicatezza, nel quale è in gioco la stessa sopravvivenza del PD. E poiché dalla sua scomparsa ne uscirebbe ulteriormente indebolita la già fragile democrazia italiana, mi accingo all’ennesimo appello al voto. Ad andare a votare, anzitutto: anche i non iscritti. Perché prima ancora che eleggere un leader occorre ribadire la volontà di mantenere aperto un progetto: e questo è un affare che dovrebbe interessare tutti i democratici.
Certo, poi la scelta tra i tre aspiranti  non è marginale: le differenze sono non solo personali ma di prospettiva. Io sostengo la necessità di voltare pagina, per riportare energia ed entusiasmo in un Paese pieno di paure: è lo slogan di Nicola Zingaretti, nella cui lista sono anche candidato per l’assemblea nazionale.
Tra l’altro Nicola ha raccolto i maggiori consensi nella prima fase, quella tra i tesserati: la sua conferma ora è l’unica strada per avere rapidamente un segretario pienamente legittimato che guidi la riscossa.

Il verde, il babbo, il celeste
La settimana politica è stata scandita da tre vicende a sfondo giudiziario, in sintonia con l’inarrestabile successo nel nostro Paese del genere giallo-noir. Prima il voto dei diversamente onesti che ha salvato Salvini, poi gli arresti domiciliari inflitti ai genitori di Renzi, infine quelli negati a Formigoni che in carcere c’è finito davvero: a Bollate, dove peraltro godrà di ottima cucina.
Personalmente non credo (in genere, non solo in questi casi) a nessuna delle seguenti teorie che si ripropongono: il complotto dei poteri forti, la giustizia ad orologeria, l’insindacabilità delle sentenze, le toghe amiche o nemiche a seconda del giudicato, etc. Viceversa ritengo che siano da riformare l’autorizzazione a procedere, le norme in base alle quali consentire la restrizione delle libertà personali e, soprattutto, i tempi della giustizia. Prendiamo l’ultimo dei tre casi citati, quello su cui ho anche qualche elemento di conoscenza più diretta che mi viene dall’esperienza in Consiglio Regionale.
Che Formigoni sia in galera non suscita in me particolare entusiasmo: non credo che la detenzione potrà avere gli effetti rieducativi previsti. Non mi muove però neppure una ipocrita pietas per un soggetto che non ne merita. Mi sale solo forte la rabbia verso chi (Lega in primis) gli ha permesso per anni di spadroneggiare, verso i tanti ( i salotti della finanza, dell’industria e del commercio lombardo ) che lo hanno sempre riverito e sostenuto, verso il sistema di potere che costruito, tuttora solido anche se con un altro colore di fondo.  La magistratura arriva quindi in ritardo, quando il corpo è ormai compromesso e le metastasi diffuse: ma non è solo sua responsabilità.

I ladri di merendine
I pentastellati lombardi sono furibondi perché hanno il sospetto che qualcuno, a Palazzo Pirelli, prelevi abusivamente merendine e bibite dallo sgabuzzino del loro gruppo consiliare. Ne hanno fatto un caso, portato all’Ufficio di Presidenza del Consiglio e quindi oggetto di un provvedimento che vieta agli ‘estranei’ l’accesso al tredicesimo piano. Dalla chiusura dei porti alla chiusura degli armadietti: la sindrome dello straniero li sta ormai accecando. Perché mica sarà un problema di soldi o di onestà, per gente che difende i reati di Salvini il furto di una merendina è una quisquilia. E’ che le cattive frequentazioni hanno fatto smarrire loro  il senso dell’accoglienza: non solo verso i migranti ma anche verso i vicini di ufficio.

La farsa autonomia
Il regionalismo differenziato richiesto da Lombardia, Veneto ed Emilia viaggia su di un binario morto. Per come è stato sin qui condotto è un bene che sia così. Senza un’idea generale di riforma delle autonomie, senza chiarezza sulle finalità, non avendo definito i livelli essenziali delle prestazioni da garantire a tutti ne deriverebbe una pericolosa disarticolazione dello Stato da cui nemmeno i cittadini delle tre regioni interessate ricaverebbero beneficio. La prima forza politica ad essere in difficoltà è proprio la Lega, impegnata in una operazione di trasformazione da movimento territoriale a partito nazionalista. Finora ha saputo conciliare questa ambiguità ma prima o poi dovrà prender parte e pagar pegno. Le tiepide resistenze dei cinquestelle sono quindi funzionali ai disegni di Salvini che, al di là dei proclami, non ha alcun interesse ad accelerare. L’unica cosa certa, sin qui, sono i cinquanta milioni  spesi per un referendum inutile, parte dei quali per acquistare centinaia di tablet della cui fine si sono perse le tracce.

Appuntamenti
Martedi 26 alle 18.30 alla libreria il Gabbiano di Vimercate Enrico Letta presenta il suo libro: Ho imparato
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Enrico Brambilla